page18_1La sindrome del tunnel carpale viene diagnosticata con una certa incidenza e costituisce motivo di consultazione relativamente frequente. Nella maggior parte dei casi la sindrome del tunnel carpale è causata da un’infiammazione dei tendini (una tenosinovite) dei muscoli flessori delle dita della mano che si sviluppa a livello del polso (carpo) e va a perturbare il nervo mediano che scorre parallelo a stretto contatto con il fascio dei tendini. Questo provoca una varietà di sintomi che vanno da un un senso di intorpidimento,formicolio o dolore al palmo della mano fino ad arrivare a una perdita di forza soprattutto nelle prime tre dita.

Di solito questo tipo di disturbo viene trattato per via farmacologica ma nei casi più gravi si può arrivare ad un vero e proprio intervento chirurgico allo scopo di allargare il tunnel carpale e alleggerire la compressione del nervo mediano.

Per quanto si può osservare però la sindrome del tunnel carpale, nonostante si sviluppi a livello del polso, parte sempre da problemi funzionali localizzati a monte, cioè a livello del braccio, della spalla o anche più in alto. A riprova di ciò basti considerare il fatto che molto spesso, una volta curato un polso, il problema non tarda a presentarsi anche sull’altro. Inoltre la sintomatologia frequantemente sconfina dal palmo della mano per estendersi anche all’avambraccio o più su. Quindi questo tipo di problema non può essere affrontato solo localmente ma è necessario intervenire in maniera più globale allo scopo di riequilibrare la funzione dinamica di tutto l’arto superiore come minimo.

L’Osteopatia propone pertanto una soluzione diversa, più completa. Vale a dire si lavora certamente a livello del carpo ma è necessario controllare la mobilità dell’ulna e del radio, soprattutto a livello delgomito; è necessario revisionare la spalla con tutte le sue numerose connessioni con le strutture assiali; è necessario controllare la buona mobilità del cingolo superiore (scapola e clavicola) ; è necessario revisionare il rachide cervicale per assicurarsi che non ci siano compromissioni vertebrali o fasciali; è necessario verificare a monte la dinamica della base del cranio per assicurarsi che non siano in attorestrizioni cranio sacrali (questo fattore è cruciale); è necessario assicurarsi che non ci siano restrizioni sul diaframma e sugli organi sottodiaframmatici, e via dicendo.

Insomma, partendo dal carpo, è necessario risalire a monte per capire da dove sia partito il problema, che in effetti quasi mai origina nel polso. Lavorando secondo questa logica l’Osteopatia riesce ad ottenere una percentuale di successo elevata per un problema del genere e il Paziente molto spesso non è più costretto a subire altri tipi di cure.

Ciò significa che l’Osteopata non si limita a curare la mano in questione ma esegue una vera e propria ristrutturazione dinamica di tutto il sistema mettendo il Paziente al riparo da possibili recidive e soprattutto evitando che in un secondo momento il problema possa estendersi anche all’altra mano.

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